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Intervento della Federmot all'Audizione del 4 luglio 2013 presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati


 

Insieme al Dottor Raimondo Orrù, Vicepresidente Federmot, porgo, a nome dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari in servizio nella Repubblica i più deferenti saluti alla Onorevole Presidente e agli Onorevoli Deputati della Commissione Giustizia, e ringrazio per l'invito a formulare un parere sul decreto-legge 69 del 2013 completo di proposte di emendamento già anticipate alla Segreteria della Commissione.
Mi soffermerò in particolare
-sull’introduzione dei c.d. stagisti nei tribunali ordinari;
-sull’introduzione dei giudici ausiliari presso le corti d’appello.
L’introduzione degli stagisti attua un primo passo verso la costruzione dell'ufficio del processo più volte vagheggiato dalla magistratura di ruolo associata, quale imprescindibile unità organizzativa che dia supporto al lavoro del magistrato giudicante e, riteniamo di aggiungere, de iure condendo, del magistrato requirente.
Cosa tale ufficio del processo dovrebbe essere nella sua definitiva conformazione è materia oggetto di un dibattito ancora aperto e, nondimeno, in fase di maturazione piuttosto avanzata; sicché ci si sarebbe potuto aspettare che, pur nei limiti consentiti dalla decretazione d’urgenza, il Governo recepisse almeno quelle istanze largamente condivise dalla magistratura ordinaria e onoraria e già compiutamente e univocamente esplicitate dagli addetti ai lavori, i quali indicano nella piena integrazione del magistrato onorario all’interno dell’istituendo ufficio del processo un passaggio imprescindibile per la buona riuscita del prospettato rilancio della giurisdizione.
Siamo consapevoli che tale integrazione meglio si prospetterebbe allorché già fosse intervenuta una riforma della magistratura onoraria, che ne definisca competenze e status giuridico-economico.
Comprendiamo anche che essa difficilmente può trovare posto in un decreto-legge e, ancora più difficoltosamente, potrà trovare spazio in una legge di conversione.
Cogliamo tuttavia l’occasione per sollecitare non solo una corsia accelerata alla predetta riforma della magistratura onoraria, ma anche l’accoglimento di alcuni minimi emendamenti al decreto legge 69 del 2013 che consentano, in sede di conversione, di ripristinare il parametro di legittimità costituzionale di cui all’art. 3 della Carta fondamentale, accordando ai magistrati onorari, per il momento, almeno quei medesimi riconoscimenti formali che il decreto-legge prevede a favore degli istituendi stagisti.
Proponiamo quindi di estendere ai magistrati onorari la possibilità di accedere al concorso in magistratura dopo 18 mesi, come previsto per gli stagisti (mentre oggi tale termine è fissato a sei anni); e di riconoscere anche ai magistrati onorari le preferenze riconosciute agli stagisti per l’accesso al pubblico impiego o ai ruoli ordinari della magistratura.
Proponiamo infine, in ragione delle maggiori responsabilità devolute al magistrato onorario, organo giurisdizionale e non di mero supporto, di affermare espressamente l’equiparazione del servizio reso dal magistrato onorario a quello reso da altro personale laureato delle pubbliche amministrazioni, seppure al limitato fine dell’accesso ai concorsi che presuppongono, quale requisito essenziale, la sussistenza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione. E’ ad esempio del tutto irragionevole, già a legislazione vigente, che un magistrato onorario non possa concorrere ad una pubblica selezione come dirigente pubblico, diversamente dal cancelliere che lo coadiuva o da qualsiasi altro funzionario di qualsiasi pubblica amministrazione.
Chiediamo inoltre che la disposizione del decreto-legge che prevede l’accesso preferenziale degli stagisti alle funzioni di magistrato onorario, disposizione che peraltro recepisce un suggerimento della scrivente associazione, sia circostanziato nel senso di prevedere che, comunque, il magistrato onorario che passi ad altra funzione onoraria abbia la precedenza sul semplice stagista.
Infine, visto che il decreto intende promuovere una maggiore efficienza dell’apparato giudiziario, proponiamo l’estensione dell’istituto del trasferimento volontario di sede, già previsto per i giudici di pace, anche ai giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari, al fine di ripristinare una effettiva libertà di circolazione sul territorio italiano di tali lavoratori, segnalando che tale possibilità non è differibile al momento della prefigurata riforma della magistratura onoraria, in quanto non solo dovrebbe essere nel pieno diritto di chi è addetto ad una pubblica funzione potersi traferire su posti liberi in altre sedi di lavoro allorché ragioni familiari o professionali suggeriscano tale necessità o opportunità, ma costituisce criterio di efficiente organizzazione, di qualsiasi funzione pubblica, favorire il benessere dei lavoratori risparmiando loro irragionevoli divieti.
Segnalo ad esempio una recente pronuncia cautelare del Consiglio di Stato che, in asserita applicazione dell’attuale normativa, ha negato a una magistrata onoraria il trasferimento di sede per ricongiungersi al nucleo familiare presso un circondario di tribunale di altra regione, peraltro avente posti liberi, nel quale risiedono una figlia neonata in allattamento nonché il padre della bambina e marito della magistrata onoraria, ivi obbligato a risiedere in quanto ufficiale della Marina italiana trasferitovi d’ufficio.
Per quanto riguarda i giudici ausiliari da istituirsi presso le corti d'appello civili, rileviamo le seguenti criticità.
Appare irragionevole accordare una preferenza ai magistrati infra-settantottenni già titolari di pensione, in un momento in cui si dichiara di voler promuovere l'avanzamento professionale delle giovani generazioni; le funzioni di magistrato ausiliario dovrebbero a nostro avviso essere devolute a professionisti più giovani e motivati e, auspicabilmente, andrebbero riservate in via preferenziale a chi già svolge la funzione giudiziaria onoraria presso i tribunali ordinari come giudice onorario di tribunale o come magistrato onorario.
Così come nell'ordinamento previgente alla riforma Carotti si consentiva l'accesso dei pretori e dei vice pretori onorari ai collegi di tribunale, si dovrebbe oggi consentire l'accesso dei magistrati onorari di tribunale nei collegi delle corti d'appello, seppure riservando tale opportunità al personale della magistratura onoraria con oltre 6 anni o 10 anni di servizio.
Tale opportunità, potrebbe essere estesa anche ai vice procuratori con specifiche e comprovate competenze nella materia civile.
Ciò consentirebbe di sfruttare appieno professionalità oggi sottoutilizzate, creando e difendendo quella osmosi giurisprudenziale propria di chi frequenta stabilmente e già da tempo la funzione giudiziaria, requisito obiettivamente non presente nel mero avvocato.
Non vorremmo infatti si ripetesse l'esperienza dei giudici onorari aggregati, i quali, pur avendo eroso una predefinita porzione di arretrato, hanno prodotto una giurisprudenza spesso lontana dagli insegnamenti della Suprema Corte, disattendendo l'esigenza nomofilattica che deve costituire una priorità assoluta di un moderno sistema giudiziario orientato alla certezza dei rapporti giuridici ed economici.
Inutile negare inoltre che il vero collo di bottiglia della giustizia civile è il primo grado, dove auspicheremmo un più intenso coinvolgimento del giudice onorario, magari recependo dalla proposta di riforma della magistratura onoraria predisposta dalla Federmot, che pure oggi produciamo, almeno il recepimento dell'articolo 1, che descrive nuove competenze per giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari addetti a specifici progetti di abbattimento dell'arretrato.
Da notarsi, come solo criticità apparentemente secondaria, l'irragionevolezza dell'incompatibilità tra le funzioni di giudice ausiliario e il pregresso svolgimento della professione forense nel distretto di corte d'appello nell'ultimo quinquennio; trattasi di una incompatibilità di fatto retroagente e soprattutto inutile, che tende a favorire chi non è avvocato o chi si sottoponga a onerose trasferte territoriali, scarsamente compatibili con il sereno esercizio di una funzione tanto delicata quale la giurisdizione di secondo grado.
Le predette considerazioni recepiscono in grande parte le conformi indicazioni provenienti dal CSM e da componenti autorevoli dell'ANM, tra cui gli Osservatori sulla giustizia civile e del Gruppo Civile di Magistratura democratica.
Per quanto riguarda la più generale riforma della magistratura onoraria, cogliamo l'occasione per sollecitarne la calendarizzazione con ogni consentita premura, pur all'esito di quei confronti in atto tra addetti ai lavori sull'esatta portata delle soluzioni tecniche percorribili.
Essa, infatti, non è più rinviabile se si vogliono rispettare i tempi di ragionevole durata del processo, e deve essere integrata con l'introduzione degli stagisti negli uffici giudiziari e con la previsione di una logistica adeguata la cui mancanza, unitamente alla assenza di finanziamenti che rendano possibile procurarla, rende di fatto incerta la copertura finanziaria del decreto-legge.
Un motivo in più per non sprecare i pur esigui 8 milioni di euro annui stanziati in prebende di 200 euro a sentenza a favore di pensionati già ampiamente gravanti sui bilanci pubblici.
I Giudici onorari di tribunale, infatti, già integrati nelle strutture giudiziarie, costerebbero meno e produrrebbero, a saldi invariati, di più, anche nell'ipotesi che si introducesse il pagamento delle sentenze, in una misura che, indicativamente, potrebbe essere compresa tra 75 Euro (l'indennità ora prevista per i giudici di pace, aumentata di un incremento che remuneri la maggiore complessità delle materie devolute al tribunale ordinario o alle corti d'appello) e 98 Euro (corrispondente alla somma attualmente prevista per ogni singola udienza di durata inferiore alle cinque ore).
Per quanto riguardo la riforma della magistratura onoraria ci sia anche consentito citare e produrre un interessante e accorato articolo di Claudio Viazzi, presidente del tribunale di Genova e decano della magistratura, il quale individua nella stabilizzazione dei magistrati onorari di tribunale, o nei ruoli del pubblico impiego, o nei ruoli ordinari della magistratura, la necessaria soluzione all'inquadramento di una categoria la cui precarietà costituisce un grave elemento di rottura nel sistema.
E' una tesi ancora più ardita di quella formulata dalla categoria, che si limitava a invocare provvedimenti regolatori dello status quo, che eliminassero le principali antinomie e ambiguità della vigente disciplina, secondo uno schema legislativo da tempo divulgato, che per completezza espositiva depositiamo agli atti, pur nel convincimento che esso costituisca un possibile punto di partenza del dibattito, più che un punto di arrivo, seppure condiviso dai magistrati dirigenti di primari uffici giudiziari.
Il complessivo atteggiarsi del dibattito in atto tra addetti ai lavori non doveva essere nota a chi ha prefigurato, con l'istituzione degli ausiliari delle corti d'appello, l'ennesima magistratura onoraria, senza pensare che il proliferare disorganico e scoordinato di figure molteplici, lungi dal costituire una soluzione, pone serie preoccupazioni sul futuro di una giurisdizione unica, amministrata da una magistratura che, di ruolo o onoraria, titolare o di assistenza e supporto, si distingua, al proprio interno, precipuamente per la diversità di funzioni.
Più coerente con le esigenze di una moderna giurisdizione è il modello prefigurato da alcuni approfondimenti di Claudio Castelli e di Barbara Fabbrini del 24 maggio 2013, sviluppati poi dal Gruppo civile di Magistratura democratica in un contributo dello scorso 1° luglio, che produciamo quest'oggi.
In tale modello si vagheggia un ufficio del processo nel quale sia contemplato l'inserimento del magistrato onorario; inserimento che, ci permettiamo di segnalare, potrebbe costituire l'anello di congiunzione tra il magistrato di ruolo e altre figure, quali gli stagisti, specialmente allorché si valorizzassero le competenze maturate da chi ha concorso proficuamente all'esercizio della funzione giurisdizionale e intenda incrementare tale apporto, auspicabilmente sotto la copertura di disposizioni che assicurino una accettabile indipendenza economica che renda non più necessario il proseguimento della professione forense o di altre attività lavorative non facilmente compatibili con un impegno sempre più strutturato, coordinato e continuativo all'interno del nuovo modulo organizzativo.
Tale prospettiva apparirebbe pienamente rispondente anche alle necessità degli uffici requirenti, nei quali, già oggi, è sempre più specialistico e tendenzialmente esclusivo l'apporto fornito dal viceprocuratore onorario sia nelle attività processuali, specialmente monocratiche, sia nelle indagini per reati di competenza del giudice di pace o definibili mediante richiesta del decreto penale di condanna.
Tale tendenza potrebbe essere ulteriormente sviluppata, non necessariamente prefigurando un ampliamento delle competenze del viceprocuratore onorario, quanto prevedendo che esso possa operare per singole fasi o attività investigative o processuali, sotto un più sinergico e stretto collegamento con il pubblico ministero togato, anche con riferimento a quelle attività di udienza o inquirenti connotate da modesta complessità o da elevata serialità, quand'anche devolute alla competenza del tribunale in composizione collegiale o del giudice per le indagini preliminari.
Dalle predette considerazioni si intende sollecitare una soluzione organica e complessiva che rilanci fortemente la giurisdizione ordinaria – soprattutto, ma non solo, civile - valorizzando le forze in campo e già formate negli esistenti circuiti della formazione distrettuale e nazionale.
Solo questa prospettiva d'insieme ed onnicomprensiva, francamente carente nel decreto-legge “Fare”, potrà infatti consentire il raggiungimento di obiettivi organizzativi e, indirettamente, macroeconomici, concreti e ambiziosi.