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Cari Colleghi,

mesi addietro è stata messa a Vostra disposizione una diffida, diretta al Ministero della giustizia, il quale ha fornito, come previsto, risposta sfavorevole alla richiesta di stabilizzazione dei magistrati onorari, facendosi peraltro forte di una nota pronuncia della corte d’appello di Torino.

A seguito di tale diniego, ampiamente previsto e, ora, formalizzato, vi inoltro lo schema di denuncia alla Commissione Europea in cui si sollecita l’intervento dell’Unione europea nei confronti dell’Italia in relazione alle violazioni del diritto comunitario poste in essere nei confronti della nostra categoria.

Oltre alla denuncia in formato Word, da completare e personalizzare con l’inserimento dei vostri dati personali (sulla falsa riga di quanto molti di voi hanno già fatto redigendo la precedente diffida al Ministero), pongo a vostra disposizione la suddetta risposta ministeriale, affinché possiate stamparla e allegarla alla denuncia.

Il tutto deve essere spedito in plico postale raccomandato all’indirizzo che trovate nell’intestazione della denuncia e, facoltativamente, anche alla PEC della collega Maria Paola Di Nicola, che cura per FEDERMOT il censimento delle denunce e il coordinamento delle successive iniziative a nostra tutela.

Anche questa volta, nel solco di una tradizione FEDERMOT ormai consolidata, non ci saranno parcelle da onorare per gli aderenti all’iniziativa, completamente autopatrocinata e gratuita, grazie all’impegno di un gruppo di lavoro che annovera persone come Maria Paola.

Scansare le fatiche correlate alla predisposizione di atti che, con buona volontà e impegno, possiamo redigere con qualità non inferiore a quella di professionisti esterni, mi è sempre sembrato poco sensato.

Rimboccarci le maniche, invece, è un modo non solo per destinare a più proficui usi le scarse risorse finanziarie derivanti dai nostri parchi compensi, ma anche per accudire le strategie difensive con quello zelo e quella cognizione di causa che non mi sembra siano state attinte in maggiore misura allorché reperite sul libero mercato delle professioni legali.

Non intendo stimmatizzare la condotta di chi preferisce chiedere contributi finanziari che, se ben utilizzati e rendicontati al centesimo, possono sovvenzionare iniziative utili.

Il problema è, appunto, capire quando sia utile ingaggiare risorse umane esterne a una categoria che annovera anche notai, docenti universitari e avvocati cassazionisti.

Selezionare le iniziative e gli obiettivi da perseguire è poi un atto di indirizzo che appare meglio accudito se devoluto a organi esecutivi che fondino le proprie iniziative su un’investitura assembleare, ponendosi sotto un controllo democratico che, lo dico per esperienza diretta, impedisce di compiere i passi falsi in cui spesso incappano i più estemporanei consessi legati a leader carismatici che agiscono in autoreferenziale solitudine.

Nessuna polemica contro quei colleghi piemontesi che hanno agito avanti alla magistratura ordinaria per proprio conto. Ma, in tale specifico caso, mi domando piuttosto che senso abbia avuto affrontare le spese di due gradi di giudizio per poi lasciare passare in giudicato una pronuncia sfavorevole, omettendone quel ricorso in Cassazione che, se richiesti di prestare aiuto, avremmo confezionato per loro mettendo a disposizione un Cassazionista.

Il danno prodotto da inerzie di questo tipo si riverbera sull’intera categoria. Il Ministero, infatti, con quella sentenza ci è andato a nozze; tanto da citarla nella risposta alla nostra istanza in autotutela quale argomento a favore del suo respingimento.

Ecco allora che, iniziative assunte in buona fede, da colleghi stimabilissimi, possono diventare un boomerang per l’intera categoria, se condotte al di fuori di una prospettiva strategica organizzata e vigilata secondo metodi democratici.

Ed è stato davvero un inutile spreco di energie (che potevano essere indirizzate verso la redazione del ricorso per Cassazione) il tentativo di affermare tramite organi di stampa che quella sentenza celava contenuti favorevoli, estrapolando dalla ferale pronuncia singole locuzioni che non solo non alleggeriscono il peso tombale del gravame, ma che non costituiscono neppure lontanamente un riconoscimento di valore per l’opera lavorativa che quotidianamente svolgiamo.

Abbandonando un’ingenuità che non ci è più consentita, occorre prendere atto di quanto siano radicali le posizioni di quei poteri che continuano a negarci giustizia e attrezzarsi di conseguenza.

Né può sfuggirci che la forza oppositiva di chi vuole disconoscere il nostro status di lavoratori si manifesta anche in sede comunitaria, dove le prime aperture sul tema che ci riguarda sono pervenute – forse non a caso - a favore dei colleghi magistrati onorari che operano in altra nazione, ossia nel Regno Unito.

Ritengo nondimeno, a proposito di Gran Bretagna, che la nostra iniziativa abbia crescenti possibilità di successo al crescere del numero di aderenti; la Brexit sta infatti insegnando agli organi della UE come la credibilità delle istituzioni unionali passa attraverso una rinnovata ed effettiva attenzione verso i diritti e le tutele dei cittadini insidiati, nei singoli Stati membri di appartenenza, dalle rigidità lobbistiche che governano le politiche nazionali, in palese violazione di principi sovranazionali inderogabili.

Buon invio a tutti dunque, e… mi raccomando: trasmettiamo il prima possibile, “massivamente”, le nostre istanze! Per proseguire - nella direzione intrapresa con la riforma - il perseguimento di quegli obiettivi, che il legislatore italiano non ancora realizza, ma che sono adesso maggiormente a portata di mano.

L’indipendenza giuridica ed economica di chi esercita la giurisdizione è d’altronde un valore costituzionale scolpito a favore dell’intera comunità nazionale ed europea; e come tale esso è ben presente sin dall’esordio della nostra vicenda associativa, non solo a chi vi scrive, ma a tutte le identità che hanno via via composto, a partire dall’ormai risalente anno 2001, in cui fu costituita la FEDERMOT, il nostro sodalizio operoso.

Si tratta solo di continuare a rivendicare un diritto sacrosanto, con la consapevolezza e la forza proprie di chi sa di essere nel giusto, affidandoci – prima che alle altrui - alle nostre stesse mani, con rinnovata fiducia in noi stessi.
Paolo Valerio

 
     
 
Avvio procedura di infrazione (DOC)
 
     
 
Risposta del Ministero alla diffida (PDF)